(...) Il dramma corale della pittura
di Pescatori si anima agli inizi del nostro decennio: superate
le fratture, l'autobiografia porta l'artista ad affrontare un
grande ciclo, della "vita" e della "morte"
(11). Qui il dialogo dell'artista è chiaramente intessuto
di fatti autobiografici: ne fa fede la dedicatoria a Sigmund
Freud. Pescatori scava in se stesso, nel proprio passato
(12), negli errori e nelle incertezze delle proprie scelte, per
arrivare a definire un quadro di rapporti del "sé"
con il "mondo". Pescatori costruisce un affresco della
condizione umana, un affresco vero, moderno, ma certamente un
affresco legato a segni antichi: che è un po' come dire
che certi drammi, nella loro verità, sono eterni, o connaturati
all'uomo. A fianco di questo excursus poetico, che affonda
la sua ricerca nelle radici della nostra storia culturale, c'è
anche il misurarsi con il mestiere del pittore, c'è il
dialogo muto con le "cose" dipinte, c'è il continuo,
ininterrotto colloquio con la realtà del passato: Durer,
Raffaello, il nostro grande Moretto, entrano nelle sue opere,
entrano in una sorta di ideale rapporto con la storia moderna,
come se l'artista chiedesse lumi all'antico splendore per superare
le difficoltà del vivere oggi.
È un ciclo grandioso, epico, che abbraccia ampiamente
un triennio di lavoro. Ed è un ciclo che "apre",
più che definire, segno dunque di un'interiore vitalità.
(...) che ci sia stato uno spostamento d'obiettivo lo si scorge
anche in queste preziose nature morte, in cui a malapena scorgiamo
il trascorso cammino. Come se le tensioni ed i drammi si fossero
raggrumati in quella autobiografia ideale, Pescatori tende a
dare un'evidenza cromaticamente stabile alla realtà delle
cose rappresentate. Pescatori dipinge la natura morta, memore
certamente dell'antica - secentesca - vanitas, memore dunque
del "memento mori" che ad essa era collegato. Ma come
se fosse liberato da una dramma cupo e sotterraneo, a lungo covato
sotto la cenere della pelle, Pescatori pare farsi cantore di
più colloquiali rapporti, pare aprirsi alla vita con una
nuova felicità narrativa - e pittorica.
Brescia, marzo-aprile 1987