A partire dalla fine del secolo scorso,
la pittura europea è venuta evidenziando un filone, che
per comodità definiamo "espressionismo", attraverso
il quale si mettono in luce le emozioni, a scapito delle regole,
attraverso il quale le angosce e le inquietudini esistenziali
dell'uomo contemporaneo hanno trovato spazio nelle riflessioni
degli artisti. Il processo evolutivo della pittura moderna rappresenta
da un lato le infinite declinazioni di questa situazione "esistenziale",
dall'altro il contrapporsi l'avvertenza, semmai, a non utilizzare
in modo rigido i due termini, ma leggerli in un continuo e dialettico
inframmezzarsi.
In questa situazione, definita per sommi (sommissimi, se fosse
lecito il neologismo) capi, si colloca anche la produzione di
Carlo Pescatori: anche Pescatori, a ben guardare, è
"figlio" dell'espressionismo (un figlio di Van Gogh);
ma Pescatori, e con lui una gran parte della pittura italiana,
almeno di questo recente dopoguerra, è venuto sempre più
espungendo dalla sua tela i grumi dell'emozione, per dar spazio
ad una diversa emozionalità, figlia della riflessione,
della ragione, figlia del senso critico, inteso come categoria
dello spirito.
In questa linea di tendenza, che, come tutte le linee di tendenza
vere e umane, ammette ritorni, rinvii, recuperi, ... in questa
linea di tendenza, Pescatori ha fatto emergere una propria accezione
culturale, per cui la verità è ortogonale.
In questo senso il titolo, che mediava una celebre frase di Braque,
pare ben racchiudere i due termini (una sorta di termine a
quo e ad quem) di emozione e razionalità (
= la regola), che vogliamo utilizzare per comprendere la produzione
recente del nostro artista bresciano.
Il "controllo" dell'emozione si realizza dunque attraverso
la scansione proiettiva dell'immagine: l'immagine diviene una
sorta di simbolo di se stessa, una sorta di luogo tautologico
in cui si coagulano le inquietudini del vivere quotidiano. Pescatori
esalta sulla tela la rigorosa razionalità dell'impostazione
rappresentativa: gli oggetti, le sue nature morte di cui
parleremo più sotto, vengono rappresentati sulla tela
secondo la scansione proiettiva più rigorosa; quella del
pittore, parrebbe dunque, almeno inizialmente, in questa fase,
un'azione indolore, da geometra o da architetto. La "natura
in posa" si pone come un oggetto, che ha una sua precisa
sagoma. Subito nella prima fase della rappresentazione, viene
a cadere uno dei due termini essenziali: non esiste un oggetto,
ma solo la sua sagoma. L'artista è consapevole della realtà
linguistica, profonda ma limitata, dell'operazione pittorica.
La sagoma assume valore soltanto in quanto oggetto rappresentato,
non in quanto rappresentazione dell'oggetto.
In questa fase pittorica, la sagoma si carica di cromìe,
di valori, di contrasti, di umori; I'esistenzialità che
era stata espunta nella prima operazione, I'esistenzialità
che "l'architetto", per così dire, aveva messo
fuori nel suo rigore formalistico, rispunta attraverso lo spessore
stesso della materia cromatica, rispunta attraverso il colore
che produce la sua carica espressiva, ...
Se dunque l'operazione di razionalità, se dunque il progetto
artistico di Pescatori, è stata, in una situazione artistica
molto più vasta del singolo autore, quello di temperare
l'emozione attraverso il controllo razionale del rappresentato,
ecco che, nel farsi stesso dell'operazione, l'emozione rispunta
a temperare la ragione, l'emozione riemerge a ridar corpo alle
inquietudini che la ragione aveva volutamente accantonato (oggetti
obsoleti di una civiltà post-moderna).
Abbiamo volutamente insistito, descrivendo l'operazione pittorica
di Pescatori, sui due termini che danno corpo a queste note,
poiché riteniamo che siano fondamentali per comprendere
l'opera del Nostro autore. Ragione ed emozione, struttura proiettiva
e struttura cromatica sono i due poli all'interno dei quali oscilla
la ricerca e la poetica di Pescatori; ragione ed emozione sono
anche, nel contempo, le chiavi di lettura di una realtà
che supera il singolo, che sta "al di fuori" del quadro,
che è la vita quotidiana di tutti noi; la realtà
entra del quadro, oggetto a sua volta della realtà, in
una circolarità senza fine. E' la circolarità della
cultura che ritroviamo in queste nature morte.
Vediamole infine.
Pescatori utilizza, come supporto, un oggetto che, per comodità,
definiremo "tecnologico": alle volte richiama visivamente
la sagoma del cavalletto, alle volte quella dei caloriferi, spesso
ci muoviamo all'interno di un supporto metallico, da supermercato.
Ma il supporto è un oggetto-sagoma; non ha valore in se.
Solo cromaticamente assume un significato, in quanto, per contrasto,
esalta o spegne le cromìe della natura morta. Sulla scorta
dell'antico, delle nature morte di fiamminga memoria, il supporto
recupera semplicemente un oggetto d'uso domestico, quotidiano:
oggi il tecnologico è il quotidiano. Soltanto in alcune
nature morte, attraverso intrusioni, Pescatori suggerisce altre
valenze, altre letture; così è, per esempio, per
il cavalletto, chiaro richiamo al lavoro di pittore, così
è per il calorifero, che recupera la dimensione di "interno"
domestico.
Sopra il supporto la natura morta viene strutturandosi attraverso
alcuni elementi essenziali: dal punto di vista narrativo (ma
il racconto interessa poco), troviamo la presenza di una canestra
di caravaggesca memoria, su cui stanno alcuni frutti. Come nei
modelli secenteschi, la frutta (o il fiore) recupera il concetto
del fragile, del caduco, sottolinea la caducità, il breve
volger della maturità, che presto appassisce e inacidisce
... Attraverso un sapiente uso del colore, la frutta pescatoriana
sa di plastica, "è così bella che sembra finta",
...Pescatori pare recuperare certe verità del senso comune,
per ribaltare il senso del caduco di secentesca memoria; qui
siamo al "falso" conclamato: la natura non è
più contraltare del tecnologico, ma ne è l'aspetto
complementare, anch'essa investita da questa tecnologia.
La poetica dell'emozione emerge dunque da questa constatazione,
da questo rapporto; alle volte le cromìe di Pescatori
paiono suggerire intense nostalgie verso una Natura perduta,
altre volte paiono arrestarsi alla soglia del linguaggio, e Pescatori
scherza amaramente con i suoi oggetti, altre ancora, costruisce
un discorso di simboli, gli oggetti disposti in un certo modo,
la vite a occhiello che si stringe sempre più, la cordicella
che la attraversa, sembra un oggetto che penetra e scende, tesa,
... Più spesso, attraverso un recupero di pittura materica,
ricca di umori e di palpitanti emozioni, Pescatori sovrasta con
un bucranio la sua "natura in posa": anche il bucranio
è un simbolo antico, ricco com'è di storia e di
inflessioni emotive. Pescatori pare raccogliere la storia emotiva
del bucranio, mutando dal passato inquietudini e angosce.
Espunta la narratività, focalizzata la rappresentazione
su rigide scansioni, Pescatori, sul piano del linguaggio ci narra
la storia quotidiana delle nostre inquietudini, delle nostre
speranze, dei nostri desideri; alle volte il suo animo si riempie
di gioia serena nell'intricato intreccio di una tela di tappeto,
altre tende la corda come quella del capestro e il bucranio diviene
il chiaro simbolo di una sconfitta. Ma soprattutto Pescatori
parla con la pittura degli oggetti, sì da instaurare un
dialogo con gli oggetti rappresentati, trasformando il quadro
nel luogo della ragione e dell'emozione, nel luogo della nostra
cultura. E il quadro assume, in questo modo, una sua autonoma
vibrazione, nata dalla ragione, mediata dal cuore, sopra le piccole
cose del mondo, per tuffarsi nelle profonde inflessioni che turbano
la storia dell'uomo alla ricerca di un faticoso e irraggiungibile
equilibrio.
Brescia, aprile-maggio 1986