Il riferimento all'umanità antica,
attraverso la mediazione gelida e solenne al tempo stesso delle
forme statuarie, ha assunto a più riprese, nell'età
moderna, un significato preciso ed essenziale: quel significato
«neoclassico» che, non a caso, in questi anni gode
di nuova e diversa attenzione.
Il gusto e l'imitazione neoclassica hanno sempre corrisposto
ad un'esigenza autentica di rivendicazione umanistica, di recupero
della centralità dell'uomo nel mondo e della dignità
ineguagliabile che spetta al volto, allo sguardo umano tra tutte
le cose che sulla terra gli fanno cornice. La mediazione marmorea,
formalmente cifrata, esercita in questo senso funzione emblematica,
solennizzante.
Ma il ritorno furtivo di elementi classici nel contesto di opere
nient'affatto neoclassiche, assume oggi un significato ben diverso,
anzi rovesciato. Così nelle opere recenti di Carlo Pescatori
la bella testa greca s'accompagna a sudari, spugne inzuppate
di fiele, ecc.; ma poi essa stessa appare ulcerata, ferita; e
dagli occhi, dalla bocca trasuda un sentimento di pena profonda,
di malinconia, simile a quella che vela il volto degli dei alessandrini,
prossimi al tramonto.
Il volto di pietra è qui l'immagine emblematica, tipica,
vagamente solennizzata, della vittima, dell'uomo ferito e suppliziato.
La freddezza stessa del marmo, il suo candore esangue non sono
più simboli divinizzanti, ma offrono, anzi, suggerimenti
di morte e di compianto. Così questo tema recente di Pescatori
si lega con evidente coerenza all'altro che il pittore bresciano
iniziò a proporre due anni fa: il tema delle spiagge deserte
e inquinate. Tema che ritorna anche in questa nuova mostra come
un leitmotif dominante, ma con accento in parte nuovo.
Il dramma sotterraneo si fa sempre più incombente, volge
alla fine, alla sua conclusione. S'accendono luci e colori da
«ultima spiaggia», da sponda dell'Acheronte.
Pescatori riesce a rendere il senso sinistro della degradazione,
dell'inquinamento non fosse che per virtù di puro colore.
Ma la sua pittura assume oltretutto un significato ambivalente,
di alternativa, di scelta o di scommessa tra vita e morte. Tutto
può ormai crollare da un momento all'altro, come tutto
può ancora forse rinascere. E sempre per mano, per volontà,
per libera scelta dell'uomo. Così sulle spiagge la luce
del più cupo e sinistro tramonto sembra a tratti trascolorare
nella luce di un'alba ansiosa.
L'oggettività fredda tipica di tutta una corrente recente
assume nel suo caso un palpito di trepidazione e di umano intenerimento.
Nell'attimo stesso che rappresenta un'agonia e una decadenza
con simboli netti ed essenziali o con oggetti e immagini comuni
bloccati come nel bagliore di un flash senza sbavature,
si sente la partecipazione dell'autore, si sente, malgrado la
luce ferma e la mano che non trema, un intimo pathos solidale.
In opere più recenti un frammento tipico della più
classica tradizione artistica, viene inquadrato sul cavalletto
come per un confronto con la drammatica realtà d'oggi.
Pescatori ripropone all'uomo d'oggi la oggettività illusionistica,
la «natura morta» del Caravaggio; ed ecco che agli
occhi nostri l'autentica natura dei frutti splendidi degenera
in sostanza artificiale, come di plastica.
L'illusionismo caravaggesco non ha più oggi per
risultato quello di consentirci un contatto più intenso
e cosciente con la realtà naturale; l'illusionismo oggi
ci rivela una realtà ingannevole artificiale. L'artificio
del pittore non ci porta più vicini alla realtà
vivente, ma ad un nuovo più profondo artificio.
Un altro modo, un'altra «figura» dunque per esprimere
quell'idea di degradazione, di adulterazione e di agonia ch'è
il tema costante delle immagini di Pescatori.