L'omaggio che Cottiga, Drisaldi e Pescatori
hanno voluto dedicare al "De rerum natura" di Lucrezio
non è un semplice esercizio di colte citazioni.
E non è nemmeno un gratuito atteggiamento polemico nei
confronti della tragica realtà degli inquinamenti.
E' il riuscito tentativo di evidenziare, attraverso differenti
poetiche ("ogni poetica pretende di essere l'unica e le
poetiche sono infinite") una tensione conoscitiva e una
adesione non solo intellettuale, ma soprattutto affettiva ed
estetica, alle cose della natura e alla natura delle stesse.
Si passa, in questa mostra, dai raffinati paesaggi di Drisaldi,
quasi particolari di lontani sfondi rinascimental-manieristi,
alle nature morte di Pescatori, rivisitate con colori quasi metallici,
come ricavati da polveri di protostoriche miniere camune, alle,
infine, figurazioni neo-gotiche ma dense di folgoranti colori,
di Cottiga.
Siamo, dunque, in presenza di stili diversi e di diverse visioni,
accomunate dal denominatore comune che è il recupero dell'amore
che l'uomo, forse inconsciamente o forse con aberrante determinazione,
sta perdendo verso il suo habitat e anche verso sé stesso.
Da ciò nasce il legame con l'arte di Lucrezio, intesa
come rivolta spirituale contro un mondo che non si rende consapevole
dell'autodisfacimento e che stenta a trovare soluzioni di salvezza.
Ed è in quest'ottica che la mostra va osservata.